lunedì, 29 aprile 2024

Bepi Modolo CreazzoBepi Modolo e Sante,

maestri nell’affresco

a cura di Giovanni Pilotto

 

Il Museo Diocesano di Vicenza ha dedicato una retrospettiva monografica “La pittura di Bepi Modolo. Una vita dedicata all’arte” (Mostra aperta dal 18 Ottobre 2014 all'11 Gennaio 2015) al pittore del ciclo di affreschi della nostra arcipretale: Bepi Modolo (Mareno di Piave 1913 - Creazzo 1987).

La mostra è nata con l’intento di celebrare il centenario della nascita, esponendo settanta dipinti che tracciano in maniera significativa il percorso artistico del pittore.

San Pietro in Gu ha celebrato questo importante artista vicentino in varie occasioni: lo ha fatto dapprima in occasione dell’inaugurazione del ciclo di affreschi, pubblicando il saggio “Fede e Arte nella chiesa arcipretale di San Pietro in Gu”, Domenica 2 ottobre 1960.

In un secondo momento con la mostra “De perceptionibus animi”. Colori, forme e parole nell’arte di Bepi Modolo, voluta dall’Amministrazione Comunale nel dicembre del 1995 e, infine nel 2007 col saggio inserito nel volume “San Pietro in Gu - Una comunità e la sua chiesa”, in occasione del centenario della fondazione della nostra chiesa.

Chi viene a San Pietro in Gu per la prima volta resta sempre impressionato dalla monumentale architettura esterna della nostra arcipretale, e interna, così ariosa e luminosa, scandita dal ciclo di affreschi del Modolo. Tutti noi, quando entriamo in chiesa, non possiamo fare a meno di volgere uno sguardo in alto, e, con occhio più o meno attento, leggere le scene che illustrano il Credo, con i loro vivaci e luminosi colori.

Personalmente sono estasiato da come il pittore ha raffigurato il volto di Maria, quasi sempre di profilo, come a voler evitare qualsiasi ombra, e affidare alla pura luce del colore la sua sacra bellezza.

Bepi ha avuto al suo fianco, da maggio a ottobre del 1959, Sante Munari (classe 1931) che lo ha supportato nella fatica. Certo, l’affresco non è una tecnica semplice e richiede grande competenza. Tecnica desueta, fu riscoperta da molti artisti a partire dal primo dopoguerra e fin dentro gli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso: è il tempo del “ritorno al mestiere” tanto invocato a Giorgio de Chirico, il tempo del recupero di quella manualità che intenzionalmente mette in disparte la pittura di cavalletto per la pittura murale. Emblematico a tale riguardo il manifesto pubblicato da Mario Sironi nel 1933: Manifesto della pittura murale, nel quale l’artista rivendica questa antica arte. Peraltro negli affreschi del Modolo si può apprezzare una monumentalità di forme, una invadenza plastica che suggerisce proprio uno sguardo alla pittura di Sironi, ma anche ad un precedente illustre, Ubaldo Oppi, autore degli affreschi della chiesa arcipretale di S. Maria a Bolzano Vicentino, realizzati a partire proprio dal 1933.

Ma che cos’è un affresco? L’affresco è una pittura che si esegue in un fondo di intonaco ancora bagnato, fresco appunto, il quale in seguito all’essiccazione ingloba i colori, che per effetto della carbonatazione della calce diventano resistenti nel tempo, addirittura per millenni. L’intonaco è così composto: prima si stende un primo strato grossolano detto arriccio, poi uno strato più fine detto tonachino. Su questa base si riportano le figure con la tecnica dello spolvero, dapprima disegnate su cartoni e poi trasferite con il tampone di carbone sulla parete umida. Il disegno riportato viene quindi leggermente inciso con una punta metallica, per evitare che il colore esca dai bordi. Si passa quindi alla stesura del colore, generalmente tempera, finché il fondo è ancora umido. Si prepara infatti tanto intonaco quanto il pittore riesce poi a ricoprire con la pittura, generalmente il lavoro di un giorno o due.

Sante mi ha raccontato, di persona e con una certa trepidazione, il rapporto che lo legava a Bepi. Lo descrive come una persona cordiale, pronta alla battuta se necessario, ma altrettanto severa e determinata quando si trattava di lavorare. Egli i ha raccontato che l’artista iniziava presto al mattino, alle ore sei, e continuava per tutto il giorno, e anche la notte se necessario. Sante aveva il compito di preparare e poi stendere l’intonaco sulla parete dei riquadri, ma anche di eseguire i lavori più delicati come lo spolvero. La calce per l’intonaco non doveva avere meno di due anni, altrimenti rifioriva, e l’intonaco doveva avere la consistenza giusta per mantenere a lungo l’umidità e ricevere bene i colori. Per preparare lo spolvero egli stendeva una coperta su di un banco della chiesa e con pazienza bucherellava il contorno delle figure disegnate su di una carta per poi, con il carbone, trasferirle sulla parete. Al pittore spettava il compito di stendere il colore e lo aceva, come asserisce Sante, con tanta pazienza e determinazione. Per le figure più grandi ci impiegava anche due giorni, e ci metteva così tanto impegno che la sua fronte si ricopriva di sudore. Si rinfrescava con l’acqua pulita di un secchio, portato da Sante. Bepi raccomandava poi a Sante di non mescolare i pennelli perché diceva sono come gli Ebrei ed i Samaritani, si uccidono tra di loro, ovvero non potevano essere raccolti insieme pennelli di materiali (setole), forme ed utilizzo diversi, altrimenti potevano sporcare e compromettere la stesura di ogni singolo colore.

Tutti i lavori erano sorvegliati dall’occhio vigile di mons. Bortolo Castegnaro che si recava in chiesa ogni giorno. Il Castegnaro spronava continuamente l’artista, che era costretto lavorare anche di notte per terminare il lavoro nel tempo stabilito. A pranzo era ospite in canonica, perché il Monsignore temeva che, se fosse tornato a casa, a Creazzo, avrebbe perso troppo tempo. Il bravo Sante era poi spesso chiamato da Giuseppe Bigarella per andare a lavorare nella sua impresa edile, ma Bepi faceva di tutto perché rimanesse con lui tutto il tempo, perché il suo lavoro era troppo prezioso. Gli otto mesi di lavoro di Bepi e Sante hanno consegnato a San Pietro in Gu un capolavoro dell’arte sacra vicentina, capolavoro che dobbiamo essere orgogliosi di custodire nella nostra arcipretale.

A tale scopo non posso fare a meno di ricordare l’affresco che si sta tristemente rovinando e che tutti possiamo scorgere in alto a sinistra dell’abside.

Pericolose rifioriture di umidità (efflorescenze saline) stanno rovinando le figure, a causa della pioggia infiltrata dal tamponamento della finestra ad oculo che c’era in origine. Speriamo che si possa in tempi brevi mettere mano ad un avveduto restauro, facendo memoria della celebre frase del poeta romano Plinio il Vecchio: tutte le migliori cose si ebbero allora, quando meno risorse v’erano (Naturalis Historia, XXXV - 50).

10 Agosto: S. Lorenzo, nostro patrono

 

Lorenzo nacque a Osca (Huesca), città della Spagna, nel 225. Venuto a Roma, centro della cristianità, si distinse per la sua pietà, carità verso i poveri e l’integrità di costumi.

S.Lorenzo

A 32 anni, Lorenzo, grazie alle sue doti, fu nominato da Papa Sisto II Diacono della Chiesa con la responsabilità delle opere di carità nella diocesi di Roma. Doveva sovrintendere all’amministrazione dei beni, accettare le offerte e custodirle, provvedere ai bisognosi, agli orfani e alle vedove. Per queste mansioni Lorenzo fu uno dei personaggi più noti della prima cristianità di Roma ed uno dei martiri più venerati, tanto che la sua memoria fu ricordata da molte chiese e cappelle costruite in suo onore nel corso dei secoli.

Già prima che Sisto ascenda al soglio pontificio, l’Imperatore Valeriano pubblica un primo editto di persecuzione contro i cristiani. Nonostante ciò, per almeno un anno, l’opera pastorale di Sisto e l’intensa attività di Lorenzo si svolgono senza eccessivi intoppi.

Ma nei primi giorni dell’agosto del 258, un nuovo più feroce editto di Valeriano ordina l’immediata messa a morte di tutti i vescovi, presbiteri e diaconi e la confisca dei beni in loro disponibilità a favore dell’erario imperiale.

Sisto fu il primo a cadere, decapitato, insieme con sei dei suoi diaconi, il 6 agosto.

Lorenzo fu subito catturato e dato in custodia al centurione Ippolito, che lo rinchiuse in un sotterraneo del suo palazzo; in questo luogo buio, umido e angusto si trovava imprigionato anche un certo Lucillo, privo di vista. Lorenzo confortò il compagno di prigionia, lo incoraggio, lo catechizzò alla dottrina di Cristo e, servendosi di una polla d’acqua che sgorgava dal suolo, lo battezzò. Dopo il Battesimo Lucillo riebbe la vista. Il centurione Ippolito visitava spesso i suoi carcerati; avendo constatato il fatto prodigioso, colpito dalla serenità e mansuetudine dei prigionieri, e illuminato dalla grazia di Dio, si fece Cristiano ricevendo il battesimo da Lorenzo. In seguito Ippolito, riconosciuto cristiano, fu legato alla coda di cavalli e fatto trascinare per sassi e rovi fino alla morte. A Lorenzo si offrì salva la vita purché consegnasse i tesori della Chiesa entro tre giorni.

Alla scadenza del 10 agosto, dunque, il santo si presenta seguito dalla turba dei diseredati cui presta assistenza ogni giorno: Ecco – egli dice – questi sono i nostri tesori. Sono tesori eterni, non vengono mai meno, che anzi aumentano sempre, alludendo al fatto che sempre vi saranno uomini e donne offesi dal bisogno e dalla miseria.

san Lorenzo

Lorenzo fu bruciato vivo sulla graticola, in luogo poco lontano dalla prigione; l suo corpo fu portato al Campo Verano, nelle catacombe di Santa Ciriaca.

La leggenda, diffusamente alimentata dal quell’Ambrogio vescovo di Milanonel suo De Officiis, narra dell’incontro di Lorenzo con il suo vescovo condotto al martirio. Dove vai, padre, senza il tuo figlio? Dove ti affretti, o santo vescovo, senza il tuo diacono?, esclama Lorenzo, rivendicando il diritto di morire con lui, se non prima di lui o addirittura in sua vece.

E ricorda l’esempio di Abramo che offrì a Dio il sacrificio del figlio Isacco o quello di san Pietro, che si fece precedere nella testimonianza di fede dal giovinetto protomartire Stefano.

Solo la risposta di Sisto, che gli assicura che a lui saranno riservate ben presto prove anche più aspre, acquieta l’ansia eroica del nostro santo.

Questa la tradizione, della quale non vi è, però, alcuna certezza; che anzi molti sono gli storici che sostengono che venisse invece decapitato. Ma tant’è. L’iconografia tradizionale e quella ufficiale ritraggono il Santo con la palma del martirio e la graticola che indica la tecnica del supplizio. E si racconta che il santo, con allegra spavalderia da giovane spaccone, si rivolgesse ai suoi aguzzini invitandoli a girarlo sulla graticola che “da questa parte son già cotto; giratemi e poi mangiatemi!”.

Ancora la memoria popolare, che sempre si nutre delle più sfrenate fantasie, testimonia che il corpo del santo, ben cotto, fu distribuito tra i poveri perché se ne cavassero la fame, quasi ultimo atto della sua quotidiana pratica di carità. Al momento che spirava, si dice poi che un soldato romano raccogliesse uno straccio intriso di alcune gocce di sangue e grasso, che colavano dalla graticola, recandolo poi al paese che allora da allora si chiamò Castrum Sancti Laurentii, oggi Amaseno, nel frusinate. Naturalmente il patrono di Amaseno è San Lorenzo e qui, ogni 10 agosto, si ripete il miracolo della liquefazione del sangue che intride la sacra reliquia, né più né meno di quel che accade con il sangue di San Gennaro.

Patrono di Grosseto, che gli dedica il Duomo d’impianto romanico; patrono di Roma, sia pure in compagnia di Pietro e Paolo e anche di Perugia, con san Costanzo e sant’Ercolano e patrono di Rotterdam, San Lorenzo è protettore dei lavori che si fanno col fuoco: è il santo dei pompieri, dei lavoratori del vetro, dei cuochi, dei rosticcieri. Ama la notte, Lorenzo, non ne vede la tenebra: La mia notte non ha oscurità, ma tutte le cose divengono chiare nella luce, afferma nella sua Liturgia delle Ore, Vespri, 10 agosto. Forse anche per questa lucida visione delle cose, che sconfigge anche l’oscurità della notte, Lorenzo è patrono di bibliotecari e librai, custodi del sapere racchiuso nei libri.

Se la notte è serena, ogni 10 agosto lo sguardo della gente fruga il cielo notturno e ciascuno cerca la stella cui affidare qualche modesto, riposto desiderio.

Facciata chiesa  

Int generale rid

navata

 

 

La Chiesa Parrocchiale, l'attuale Chiesa Arcipretale, intitolata a San Lorenzo, è stata costruita a partire dal 1906 e inaugurata e consacrata, non ancora completa in tutte le sue parti, mancavano il prospetto all'esterno e tre altari laterali all'interno, dal Vescovo Mons. Ferdinando Rodolfi il 17 ottobre 1925. Venne ultimata nel 1937. L'edificio è stato costruito inglobando la vecchia chiesa del XVIII secolo più piccola, ma molto armonica nel suo discreto stile barocco. All'interno, l'unica ariosa navata è ritmata da sei cappelle. Pregevole è il settecentesco dipinto di Giuseppe De Pieri, collocato sopra l'altare maggiore, raffigurante la Madonna, San Pietro e San Lorenzo, oltre all'interessante dipinto di Giandomenico Crosato e a quello di Giovannmi Bittante, detto il ballerino, (1633-1678)logo pdf.

  • 1_Entrata_a_Gerusalemme-di_Costantino_Pasqualotto
  • 2_Madonna_con_bambino_Santi
  • 3_SS_Lorenzo_e_Pietro
  • 4_SS_Sebastiano_e_Rocco
  • 5_Ultima_Cena-di_Costantino-Pasqualotto
  • 6_Conversione-di_Gio_Bittante
  • 7_S.  Michele

 

Gli altari donano con la composta architettura classica e con la policromia dei loro marmi ricchezza e vita all'ambiente sacro.  

(foto di Gabriele Ghiraldini)

  • Santo
  • altare_Madonna
  • altare_S_Antonio
  • altare_S_Sebastiano
  • altare_Sacro_Cuore
  • altare_del_Crocefisso
  • capp_invernale
  • capp_invernale_volto
  • fonte_battesimale
  • fonte_battesimale_part

 

Pubblichiamo, sia la lettera del Vescovo Mons. Ferdinando Rodolfi inviata a Mons. Bortolo Castegnaro, Arciprete di S. Pietro in Gu, in occasione della Sua benedizione del 15 agosto 1937  logo pdf, sia quella inviata nella medesima ricorrenza a tutti i parrocchiani dal parroco Mons. B. Castegnaro logo pdf

 

Leggi:

LA FABBRICA DELLA NUOVA CHIESA ARCIPRETALE

di Giovanni Pilotto
 

Inoltre. campeggia un ciclo di affreschi del 1959, ispirati al "Credo", opera del pittore vicentino Bepi Modolo

(foto di Giuliano e Gabriele Ghiraldini).

 

  • 01_Creazione
  • 02_Cacciata_di_Adamo_ed_ Eva
  • 03_Annunciazione
  • 04_Nativita'
  • 05_Ritorno_figlio_prodigo
  • 05b_Liberazione di Pietro
  • 06_Consegna_delle_chiavi_a_Pietro
  • 07_Flagellazione
  • 08_Crocefissione
  • 09_Risurrezione
  • 10_Pentecoste
  • 11_Seduto_alla_dx_del_Padre
  • 12_Giudizio_Universale

Leggi: 

BEPI MODOLO e SANTE

di Giovanni Pilotto

 

Catino absidale rid

 

 

 

 

 

Alcune immagini di ieri e di oggi

 

  • Chiesa 1
  • Chiesa 2
  • Chiesa 3
  • Chiesa 4
  • Chiesa 5
  • Chiesa 6
  • Chiesa 7
  • Chiesa Campanile
  • Chiesa Cartolina 1917
  • Chiesa lato Nord - foto S. Neddi
  • Notturno 2 Gennaio 2015